Effetti del FEP sul settore e la pesca dopo il 2013 (11 maggio 2012)

Perchè un sindacato dei lavoratori dovrebbe interessarsi a come sono state impegnate le risorse del FEP? È una domanda che ci siamo posti all’inizio dello scorso anno, quando cominciava a venire avanti la discussione in diverse Regioni su quali misure andavano finanziate e in quale entità. Spesso ai tavoli regionali tale discussione coinvolgeva anche le Organizzazioni Sindacali e perciò abbiamo avuto modo di discuterne in diverse nostre riunioni. Pensiamo, però, che qualunque Associazione o Organizzazione che abbia a cuore l’interesse generale del settore nel quale opera, debba, per il proprio ambito di rappresentanza, porsi il problema di quali siano le ricadute sul settore delle azioni messe in atto attraverso leggi e direttive che vengono dall’Europa e farlo, appunto, nell’interesse generale e non particolare, cioè solo per i lavoratori. Ci siamo chiesti, quindi, quali potevano essere gli effetti del Fondo Europeo per la Pesca sui lavoratori dipendenti e soci lavoratori ma anche cosa succedeva alle imprese e al mondo delle cooperative, visto che principalmente ad essi erano rivolte le misure degli assi del FEP. Facendo una prima ricognizione nelle diverse Regioni, abbiamo ritenuto opportuno che la “fotografia” ottenuta andasse discussa in un convegno con tutti gli attori del settore, per tentare insieme di capire cosa stava succedendo e in quale prospettiva si sarebbe mossa la pesca in Italia dopo il 2013. Un primo bilancio del FEP ci ha confermato alcuni nostri timori per i lavoratori. Si sta verificando, ad esempio, un calo occupazionale abbastanza diffuso nelle marinerie anche a causa dell’inesistenza di misure di compensazione messe in campo dalle Regioni rispetto all’arresto definitivo. Ma anche per le imprese si sono verificati diversi episodi in più marinerie dove i meccanismi spesso di difficile interpretazione del FEP hanno prodotto situazioni disincentivanti e di allontanamento dallo strumento finanziario. Pertanto pensiamo che la necessità più impellente sia ora quella di porsi il problema di come strutturare il FEAMP e le prossime misure affinché la pesca non diventi un mestiere fatto sempre da meno lavoratori e da imprese che devono fare sforzi enormi per accedere ai finanziamenti. Quello di cui c’è un grandissimo bisogno, a nostro avviso, è una visione del settore che oggi, più che mai, sembra mancare e si resta soffocati dalle rigide direttive di Bruxelles che spesso vengono decise nelle chiuse stanze dei Palazzi e non considerano che nella pesca esistono anche i lavoratori. Ma dalla ricerca che abbiamo fatto si evincono anche altre cose interessanti che andrebbero approfondite e che non anticipiamo ora. Un gruppo di lavoro della FLAI Nazionale, insieme alla nostra Fondazione Metes, si è messo a lavorare sulle domande che ricorrevano nelle nostre riunioni. Ha guardato e ascoltato ciò che succedeva nelle marinerie. Ne è venuto fuori il lavoro che vi presentiamo in questo volume e che, naturalmente, non ha la pretesa di rappresentare la verità ma solo un punto di vista che sia, però, in grado di offrire alcuni spunti e qualche primo elemento di riflessione utile alla costruzione di una visione di prospettiva.


Giovanni Mininni

Segretario Nazionale Flai CGIL

Elisabetta Pedrazzoli

Dipartimento Pesca

Antonio Pucillo

Dipartimento Pesca

 

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